sabato 16 giugno 2012

Racconto “WINE ON THE ROAD” di Isa Voi

Isa Voi, nata a Scicli (RG) e residente a Novara, svolge la professione di insegnante. Nel 1992 ha vinto il primo premio letterario “Un tema per Salvo D’Acquisto”. Per anni ha lavorato come pubblicista presso un trisettimanale. Nel 2009 ha pubblicato il romanzo “Domani” e nel 2010 è stata tra i dieci finalisti del concorso letterario nazionale per ragazzi “Premio Chimirri”. Per “Wine on the road”, concorso letterario 2011 di Villa Petriolo, ha scritto il racconto omonimo. Racconto “WINE ON THE ROAD” di Isa Voi. Nicolae aveva sentito dai suoi amici che Firenze era una città ricca di magia, dove si percepiva a pelle il fascino del tesoro tramandato in secoli di arte e di storia. Ma vederla dal vivo era un'altra cosa. Proprio un'altra cosa. Ti toglieva quasi il respiro. Il suo viaggio dalla Romania era stato un'overdose di emozioni: malinconia per la partenza dalla terra in cui era nato, gioia per l'arrivo in un paese nuovo e promettente, speranza per un futuro migliore. Yom e Dimitru lo aspettavano in Piazza del Duomo, in un antico bar vicino alla cattedrale di Santa Maria del Fiore.Erano le nove di sera, e la piazza brulicava di giovani e turisti che passeggiavano ammirando le maestose ricchezze architettoniche o per incontrare qualcuno e scambiare qualche chiacchiera. Entrò in quel locale col volto di chi, contento, aveva desiderio di assaporare la vita; cercò tra tutta quella gente sconosciuta i volti rassicuranti di chi lo aspettava; tra tutte quelle voci dal tipico accento musicale toscano, riconobbe subito le risate dei due giovani. Si abbracciarono, si sedettero e cominciarono a raccontarsi tutte le novità come chi non si vedeva da molto tempo. Quei tre bicchieri che cullavano quel Chianti Doc ondeggiante, succoso ed elegante, resero la serata ancora più gioiosa. - Se questo vino rispecchia questo paese, come inizio non è niente male! - pensò il ragazzo. - Domani inizierai a lavorare con noi Nicolae! Il capocantiere di aspetta alle 8, sii puntuale! - Lo raccomandò Yom. - Certo! Non ti farò fare brutta figura, amico! Per me sei come un fratello! Insieme fecero un brindisi, per festeggiare il suo arrivo a Firenze. Nicolae guardò fisso quel bicchiere di vino, dolce e morbido, e pensò di essere stato proprio fortunato. Il mattino dopo si recò all'appuntamento al cantiere. Arrivò un'ora prima, per osservare bene il posto e non rischiare di arrivare in ritardo. Un uomo alto, stempiato, ben vestito, lo attendeva. Era il capocantiere, che lo guardò subito con serietà mista ad un pizzico di ironia. Stavano costruendo un elegante palazzo di cinque piani, poco lontano dal borgo medievale, circondato dalla tipica campagna toscana. C'erano moltissimi operai, molti stranieri. Concordarono la paga e gli orari, ma non ci fu nessun contratto, nessuno. Nicolae doveva lavorare lì, ma doveva lavorare a nero; "per poco tempo" gli aveva promesso quell'uomo, solo per poco. Quel poco, però, al giovane non convinceva. Ma non poteva rinunciare a quel lavoro, proprio non poteva: era appena arrivato e doveva sopravvivere in qualche modo in quella città, che l'aveva travolto subito. Finite le ore di lavoro, prese una bicicletta che gli era stata data in prestito e pedalando cominciò a respirare l'aria libera di quella città, tuffandosi tra i vicoli lastricati, le terrazze naturallistiche, le piazze armoniose e le antiche botteghe artigiane. Tutte queste testimonianze storiche donavano a Nicolae qualcosa di familiare, di profondamente consolatorio, che era quello di cui aveva bisogno. Tutte le sere, dopo il lavoro, il giovane continuava ad incontrarsi con Yom e Dimitru. Era diventato quasi un rito: insieme, sorseggiando un buon bicchiere di vino bianco armonico ed intenso, si rilassavano in un clima di contagiosa allegria e la temperatura emotiva li aiutava a sentirsi meno soli, parte di un gruppo. La vita, si sa, è una grande romanziera; spesso ne inventa più di quanto può inventarne uno scrittore in un libro. E così Nicolae, giorno per giorno cominciò a scrivere piccole pagine del suo libro, in quella città che sentiva sempre più sua. Ogni volta che telefonava a Madalina era entusiasta: riusciva a fotografare con le parole le immagini che vedevano i suoi occhi, dipingendole Firenze nella sua bellezza e cogliendone tutte le sfumature. E Malinda non vedeva l'ora di arrivare anche lei lì, di poterlo raggiungere molto presto. Il giovane aveva trovato una piccola casa in affitto e la stava preparando al meglio; non era lussuosa nè grande, ma accogliente e comoda; si trovava un pò in periferia, circondata da una distesa di campi e da lunghe e ordinate file di viti, nelle quali Nicolae avrebbe voluto perdersi, sfinito da quegli odori intensi e meravigliosi che quasi stordivano. Ormai era diventato un bravo operaio in quel cantiere, dove il lavoro era duro e pesante. Gli interventi erano già arrivati al quinto piano di quel palazzone. Lui non soffriva di vertigini, però ogni volta che dovevano operare all'esterno veniva sopraffatto da mille pensieri. Non era pericoloso lavorare senza protezioni? Non era imprudente rischiare così? Nessuno ne parlava, nessuna operaio sembrava rendersi conto di questo, oppure non voleva farlo. Avere un lavoro per loro era una cosa importante, troppo; era la sicurezza di poter rimanere in quella città onestamente. E quando Nicolae durante una pausa pranzo provò a chiedere ad alcuni ragazzi perchè non parlavano di questo al capo, trovava come risposte solo il silenzio, un silenzio che parlava. Era un giorno di paga quando il giovane, rispettosamente, chiese al capo se fosse possibile avere qualche precauzione per operare su quel quinto piano; stavolta non ci fu il silenzio, ma un sorriso beffardo e una frase semplice e secca. - Se non ami questo lavoro, Nicolae, puoi sempre cambiare. - E girandogli le spalle, l'uomo se ne andò. Così i giorni passarono. Ma finalmente venne anche il momento dell'arrivo di Madalina. La bicicletta di Nicolae quella mattina per raggiungere la stazione corse più di quanto aveva corso in tutti quei mesi. Scese da quel treno un pezzo della sua vita, un pezzo della sua storia, un pezzo del suo cuore. Un pezzo della sua anima, con due grandi occhi neri e lunghi capelli scuri che le accarezzavano il viso. Travolto dalla gioia le fece visitare tutta la città, tutte le insenature nascoste di quelle vie che lui ormai aveva imparato a conoscere. Ora non era più solo. Da quella sera i suoi incontri al locale con Yom e Dimitru furono meno frequenti, ma sempre fondamentali, e non furono più in tre, ma in quattro. Madalina si univa con piacere alla loro compagnia, condividendo quel buon Chianti bianco: le sembrava per un attimo di trovarsi nel suo paese, ma nello stesso tempo aveva la possibilità di conoscere tanti altri giovani del posto. Nicolae continuava ad andare al lavoro con entusiasmo, e ci andò anche quella mattina di dicembre. C'erano freddo, gelo ed un filo di nebbia. Era così difficile lavorare con tutti quegli indumenti addosso, ma le temperature erano molto basse. Mancava poco ormai per ultimare i lavori in quel palazzo ed insieme ad altri cominciò a salire sul tetto; il gelo rendeva ancora più difficile operare in quelle superfici, ma bisognava salire ancora più in alto, ancora un pochino. Nicolae era dietro ad un uomo di mezz'età, che subito raggiunse la parte più estrema. Lui lo seguì, aggrappandosi ai ferri di sostegno. Fu un attimo, un attimo troppo veloce ma nello stesso tempo eterno. Un boato, terribile. Tutto si fermò. Nicolae non era più sopra quel tetto, troppo ripido, troppo insicuro. Nicolae ora era lì, solo, per terra in quel cantiere che aveva dato inizio ai suoi sogni, che gli aveva permesso di poter continuare ad amare e respirare Firenze. Tutti gli altri operai gli andarono vicino, pieni di paura, di dolore e di impotenza. Yom e Dimitru furono i primi ad arrivare, a stargli vicino. Ma non potevano fare niente per lui, più niente. Solo una cosa: spezzare quel silenzio che era stato troppo lungo, che poteva essere spento prima e che avrebbe potuto ferire ancora. E lo fecero, senza esitare un attimo: per Nicolae e per ogni uomo che aveva gli stessi suoi sogni e bisogni, che aveva il diritto di lavorare ma anche di poter continuare a vivere. Ogni volta che Yom e Dimitru si ritrovavano la sera nel locale, bevendo quel vellutato ed asciutto Chianti bianco, che continuava ad ondeggiare nei loro bicchieri, pensavano a quel ragazzo che amava tanto Firenze, che non c'era più, ma che sentivano sempre vicino, col suo sorriso e la sua forza.

Nessun commento: